Tellaro la storia
Il nome Tellaro deriva probabilmente da "tela" o "telaio" per i commerci di tele e stoffe che erano molto fiorenti con Lucca nei primi tempi di costruzione del borgo, ad avvalorare questa tesi è anche il fatto che Tellaro viene scritto con una sola "l" nei registri antichi; o dalla parola latina "telus" ad indicare il dardo, la freccia usata per la difesa, o addirittura dall’etrusco o paleo-ligure "tular" che significa "confine del villaggio".
Le sue origini risalgono al X secolo (si trova riferimento in un diploma di Ottone II, Imperatore del Sacro Romano Impero, risalente al 981).
Tellaro all'inizio altro non era che l'ultimo avamposto difensivo (tutto il borgo era circondato da mura ancora oggi visibili) dell'antico insediamento romano di Barbaquano, così denominato dal canale detto Capo d'Acqua che discende fino a Fiascherino, poi divenuto Barbazzano.
Nel XIII sec. Barbazzano diventa comune, e gode della protezione di Pisa, mentre Lerici sostiene le sorti di Genova.
Lerici nel 1241 viene occupato dai Pisani e nel 1256 ritorna definitivamente ai Genovesi.
Il Castello di Tellaro (detto di San Giorgio, poi divenuto chiesa) rientra nei possedimenti di Genova e nel 1400 Barbazzano, ambito per la sua produzione di olive, non più protetto, viene raso al suolo dai Saraceni.
Gli scampati si rifugiarono a Tellaro, anche a causa della peste, e qui diedero vita a quello che oggi è uno dei borghi più affascinanti d'Italia.
Si narra poi che nel 1660, favorito da una forte nebbia, tentò una sortita il pirata Galla d'Avenzano, giunto da Biserta con 6 galere per conquistare il borgo. Quella notte era di guardia sul campanile di San Giorgio un certo Marco Arzellino che si era legato alla fune della campana nel caso si fosse addormentato; il caso volle che si addormentò e cadendo fece risuonare le campane proprio nel momento dell'arrivo del pirata che quindi venne scacciato con la sua flotta.
Secondo la leggenda fu invece un gigantesco polipo a destare gli abitanti di Tellaro, aggrappandosi alle funi delle campane, fuoriuscite per il vento, facendole risuonare insistentemente, come viene riportato su di una targa all'esterno della chiesa di San Giorgio: "Saraceni mare nostrum infestantes sunt noctu profligati quod polipus aer cirris suis sacrum pulsabat".
I Tellaresi erano dediti all'agricoltura e in particolare alla coltivazione degli olivi per la produzione dell'olio; in via Gramsci si sfruttava il naturale declivio per la lavorazione dell'olio, e le case erano allora dei veri e propri laboratori. L'ultima casa di via Gramsci era di proprietà del padrone della produzione.
A testimonianza di questo si trovano lungo i carrugi e nella piazza, le vasche di lavorazione e le macine di pietra.